Ogni giorno a tutti capita di ascoltare qualche pettegolezzo, anche su persone che non si conoscono e sulle cui vite private non si sa nulla, altre volte invece siamo proprio noi i diffusori del pettegolezzo. È vero che a volte abbiamo bisogno di avere conversazioni su persone che non sono presenti, alla ricerca di consigli per far fronte a una situazione delicata, oppure abbiamo bisogno di aiuto per rapportarci con una persona difficile o dobbiamo effettuare una legittima verifica dei fatti; anche, nei contesti professionali, siamo invitati a compiere qualche valutazione su colleghi o situazioni.
Il pettegolezzo è comune a tutte le culture, perché alle persone piace sapere cosa capita agli altri. Da un punto di vista antropologico il pettegolezzo esiste da sempre, solo che oggi ha perso il suo valore funzionale, infatti, anticamente spettegolare aveva una funzione adattiva, ovvero durante i giorni di caccia, permetteva di distinguere le persone di cui potersi fidare dai nemici e consentiva la creazione di rapporti utili alla sopravvivenza. Dunque, il pettegolezzo è forse un’attitudine intrinseca all’uomo, stare ad osservare come si comportano gli altri, dove sbagliano come avrebbero potuto fare meglio, può essere per alcuni un piacevole passatempo, e i progressi tecnologici compiuti permettono di accedere con più facilità ad un “gossip da social media”, ovvero ogni giorno sbirciamo le persone su Facebook, andiamo a guardare le loro foto su Instagram o lo stato di Whatsapp, anche di quelle che non conosciamo direttamente.
Da un punto di vista psicologico, parlare dei fatti degli altri è un meccanismo che si autoalimenta perché soddisfa alcuni bisogni profondi: 1. bisogno di ridurre la tensione, perché consente di sentirsi al sicuro; 2. bisogno di mantenere i contatti e rafforzare i legami, si crea una forte alleanza contro il “nemico” comune; 3. bisogno di essere il più forte, questo patto inconsapevole permette di non essere sparlato e di essere rispettato dagli altri; 4. bisogno di far parte del gruppo, per amore di essere inclusi ci si adegua all’argomento comune; 5. bisogno di autostima, sminuire gli altri è un modo per far risaltare la propria persona e innalzare la propria autostima, l’immagine e la valutazione che abbiamo di noi stessi. Il pettegolezzo viene spesso usato fra persone che non hanno particolari argomenti comuni di cui parlare, oppure per rendere più piccante e curioso un qualche argomento, tuttavia, nella maggior parte dei casi, comunque, chi parla male ha bisogno solo di essere un po’ al centro dell’attenzione o attenuare la propria invidia: ad ogni modo in generale è più una via per soddisfare i propri (psicologici) bisogni.
Questo comportamento, se da un lato può essere un modo per costruire relazioni, rafforzare legami e fare gruppo, anche a discapito degli altri, dall’altro può essere un’arma per emarginare qualcuno parlandone sicuramente in maniera poco lusinghiera. Troppo facilmente, quasi senza pensarci, ci dedichiamo al pettegolezzo, a chiacchiere inutili, a bugie, ad esagerazioni, ad attacchi duri, ad osservazioni e riflessioni poco caritatevoli. Mia nonna diceva sempre: “la lingua non ha ossa ma rompe le ossa”, infatti, con la nostra lingua possiamo incutere paura e malizia, dare informazioni sbagliate, provocare tentazione, scoraggiare e rovinare reputazioni e, proprio per questo il Catechismo delle Chiesa Cattolica, include il pettegolezzo come materia dell’ottavo comandamento, ovvero “Non dire falsa testimonianza” (CCC art.2464-2513, parte terza, sez. seconda).
In questo tempo di Quaresima, tempo di Grazia che la Chiesa ci offre per meditare il mistero della Passione e Risurrezione di nostro Signore Gesù, ho riflettuto sul fatto che purtroppo con grande facilità siamo coinvolti nel pettegolezzo (attivo e passivo), negli svariati contesti della nostra vita quotidiana, e spesso corriamo il rischio di rovinare la reputazione e la dignità degli altri a causa dei nostri pettegolezzi senza neanche accorgercene.
Parlare degli altri, anche se come abbiamo visto può infondere un senso di soddisfazione e di benessere, può provocare gravi danni, oltre che portare al peccato noi stessi e tutte le persone che prendono parte a quel tipo di conversazione; a volte abbiamo un atteggiamento così superficiale e innocente, che neanche pensiamo che diventiamo strumenti di male e fonte di zizzania, anche quando non interveniamo (pettegolezzo passivo), anziché “sale della terra e luce del mondo” (Mt 5, 13-16).
Ho riflettuto sul fatto che quando cerchiamo consigli, è meglio parlare solo con persone che siano di fiducia e possano ragionevolmente aiutarci; ogni volta che è possibile, cerchiamo di omettere dettagli superflui, per esempio il nome della persona della quale stiamo parlando; limitiamo l’obiettivo delle nostre conversazioni a ciò che è strettamente necessario, parlando solo delle persone e dei fatti che devono davvero essere affrontati. “Discrezione” è la parola chiave!
Il Signore ci chiama ad interrompere il male, non ad alimentarlo, affinché possiamo essere come astri che splendono, non conformandoci alla mentalità del mondo, seppur molto seducente e a volte anche appagante. Riconoscendo che spesso è davvero difficile tirarsi fuori da certe conversazioni, nella nostra preghiera quotidiana, chiediamo al Signore di aiutarci a misurare le parole che proferiamo (Salmo 141, 3), di aiutarci nell’arduo compito di stare “nel” mondo pur non essendo “del” mondo! (Gv 15,18-21)
Buon cammino!
Dott.ssa Giusi Perna
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