La sofferenza… a cosa serve, che senso ha? A volte mi chiedo che mondo sarebbe senza sofferenza… un mondo più felice sicuramente, ma per realizzare un mondo senza sofferenza non ci dovrebbero più essere persone egoiste, tutti dovrebbero avere cibo, acqua, le stesse condizioni di vita dignitosa, senza poveri e senza ricchi… in una frase: non ci dovrebbe essere il peccato, quindi saremmo in paradiso! È nel momento della sofferenza e della prova che si misura la nostra fede, ma come reagiamo ad essa? Ce la prendiamo con Dio, lo accusiamo di averci abbandonato, gli chiediamo “perché a me?”, oppure lo ringraziamo nonostante tutto?
Purtroppo quella della sofferenza è una condizione insinuata già all’inizio del mondo e della storia: benessere e malessere, piacere e dolore, frustrazione e sofferenza sono esperienze primordiali cui è soggetta ogni persona fin dalla nascita e lungo tutto l’arco della sua esistenza, il bambino, infatti, sin dalla nascita inizia a sperimentare una serie di sensazioni dolorose come la fame, la sete, il freddo, il caldo, il dolore e il disagio prodotti dalle funzioni digestive, dalla dentizione, dalla febbre, sensazioni che contrastano con le sue esperienze positive di benessere fisico.
Anche se a volte facciamo fatica a crederci o ad accettarlo, il male non viene da Dio, perché Dio è Amore, il male dunque è l’assenza di questo Amore; il peccato e di conseguenza la sofferenza, sono il frutto della rottura dell’armonia con il Creatore e adesso questa armonia, così come la salvezza e la divinità alla quale siamo predestinati e chiamati, si devono conquistare con dolore e fatica, ossia con la sofferenza.
Così come dal punto di vista spirituale, anche da quello psicologico, la sofferenza, ma anche i fallimenti, sono un fattore indispensabile alla crescita di ognuno. Così come molte persone si lasciano sovrastare dagli eventi negativi, sprofondando nel dolore e chiudendosi in se stessi, sviluppando a volte anche patologie fisiche e psicologiche, tanto che anche la grazia di Dio non può operare, ve ne sono altrettante che rinascono dopo un periodo di avversità, nutrono una maggiore riconoscenza verso la vita, individuano nuove possibilità per la propria esistenza, relazioni interpersonali più gratificanti, una vita spirituale più ricca, un senso di forza interiore e maggiori empatia ed altruismo. Allora questa “crescita post-traumatica”, così è stata definita da alcuni studiosi, può essere un’esperienza di miglioramento che per alcune persone si rivela molto profonda.
Questa crescita può essere un procedimento incredibilmente impegnativo, in quanto richiede un distacco dagli obiettivi più radicati e dalla propria identità, mentre si costruiscono nuovi obiettivi, nuovi schemi e significati: può essere un percorso arduo, atroce ed estenuante, ma può aprire la porta ad una nuova vita. Il momento della sofferenza è pesante da sopportare e gestire, anche Gesù, infatti, ha detto a Dio nell’Orto degli Ulivi di allontanare il calice della passione, tuttavia ha seguito la volontà del Padre: Gesù non è venuto nel mondo per togliere la sofferenza ma per trasformarla e solo se rimaniamo uniti a Lui facciamo frutto e la sofferenza acquista un senso.
La croce non è mai superiore alle nostre forze e anche se a volte ci scoraggiamo e cadiamo nello sconforto, la sofferenza è l’unica via per purificarci dall’egoismo, dalla superbia, perché mette in crisi le nostre certezze, e Gesù stesso ha preso su di sé la sofferenza dell’uomo, per mostrarci come affrontarla, abbandonandoci nelle mani del Padre: quindi, la sofferenza non è fine a se stessa, ma è un mezzo per raggiungere la carità e la perfezione.
È importante cercare di mantenere un atteggiamento positivo, di speranza, non finto, e cercare di guardare sempre al lato positivo, perché anche se non lo vediamo c’è sempre, anche nelle situazioni irreversibili alle quali non c’è soluzione umana, e se non riusciamo a vederlo, preghiamo di più, chiediamo al Signore il dono dello Spirito Santo affinché possa darci luce e forza, ringraziamo Dio per quello che abbiamo e per il dono della vita; chiediamo aiuto ad un sacerdote affinché possa aiutarci a fare luce sul nostro cammino e a percorrere questo tratto di strada che in un dato momento può diventare più accidentato, pieno di pietre che intralciano il prosieguo, mettendo a dura prova la nostra pazienza, la nostra capacità di resistere alle difficoltà e a tollerare le frustrazioni, con la consapevolezza che non siamo soli, ma Gesù cammina accanto a noi, anche se il dolore non ci fa accorgere della sua presenza.
Soltanto se rimaniamo uniti al Padre, potremo sopportare tutto: impariamo dalla sofferenza e dal fallimento, per crescere rialzandoci e andando avanti con Gesù, e ricordandoci le parole di San Paolo: “Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo” (2 Cor 4, 8-10)[1].
[1] 2 Cor 4, 7-18
Dott.ssa Giusi Perna
sto attraversando un momento buio..la separazione..il mio dolore è per mia figlia..
condivido quanto è stato detto sulla sofferenza..
pregate per me e mia figlia Smeralda
Antonio
Gli eventi negativi e dolorosi purtroppo investono la nostra vita: preghiamo per te e tua figlia, affinché Dio possa darvi tanta forza e possa illuminare questo momento che state vivendo, superandolo aggrappati a Lui e al suo Amore.
Antonio, non perdere mai la speranza e la fede, perché dopo la morte c’è sempre la resurrezione!
Il Signore ti benedica.
Giusi